LO SPACCIATORE DI IDEE. CU NESCI ARRINESCI

di Carmelo Bucolo ( un Siciliano al Nord )

Ai viaggiatori che si apprestassero a visitare per la prima volta la Sicilia, più che una guida turistica dei luoghi, consiglierei di prepararsi ad essere accolti da un paesaggio umano complesso, fatto di percezioni, sentimenti, presunzioni, vanità e virtù, difficilmente riscontrabili altrove. E con rispetto parlando, come usano dire ancora certi vecchi siciliani (prima di pronunciare qualche parola inopportuna), nel dare il benvenuto a coloro che volessero onorarci della loro presenza, vorrei dire loro che la Sicilia è si una, ma le provincie sono nove con tutte le ripercussioni che ne conseguono sul piano storico, delle tradizioni, delle usanze e……del dialetto. Questo è ancora più vero se pensiamo che un messinese difficilmente riuscirebbe a comprendere tutto ciò che viene detto a Enna e viceversa, fenomeno comprensibile e diffuso in ogni parte d’Italia dove all’interno di ciascuna Regione, devono confrontarsi città costiere con quelle montane. Tra i dialetti siciliani maggiormente caratterizzanti, ve ne sono due che racchiudono benissimo l’anima siciliana. Sono il palermitano e il catanese. Il dialetto palermitano è facilmente riconoscibile per il suo andamento lento, strascicato, indolente, che connota un’innata pigrizia. Al contrario, il dialetto catanese è veloce, allegro, gioioso, vivace e propositivo. Direi musicale! A tal proposito, nel catanese gira un detto il cui concetto si presta a più interpretazioni. CU NESCI ARRINESCI. Davanti al successo di qualche siciliano che vive fuori dall’isola, quelli che invece vi sono rimasti si limitano a commentare: “cu nesci arrinesci”. Chi va fuori, fa fortuna. In dialetto, la frase assume ambiguo significato: da una parte, a voler dire che in condizioni di vita meno soffocanti, in contesti più sereni, il siciliano riesce a esprimere le proprie virtù e il proprio talento; dall’altra, la frase è non solo l’alibi per i fallimenti o gli insuccessi di chi ha preferito o ha dovuto rimanere in Sicilia, ma nello stesso tempo la conferma che il senso di sé di ogni siciliano è tale da non permettere a nessun altro di primeggiare. Per questo “cu nesci arrinesci”: anche chi non ha doti né qualità; lasciando sottinteso che, invece, chi rimane di quelle doti e di quelle qualità abbonda. Come in una foresta troppo fitta, che impedisce la crescita di ogni altro tipo di vegetazione, il siciliano è intimamente convinto che solo altrove, lontano dalla Sicilia, i meno perspicaci, cioè il resto del mondo, possano trovare occasione di eccellere. La Sicilia è una ma le sue anime sono tante!