LO SPACCIATORE DI IDEE. IL DOLORE COME ANTIDOTO

di Carmelo Bucolo ( un Siciliano Vero al Nord )

La straziante e splendida solitudine che accompagna lo scrittore, è ben ripagata dalla consapevolezza di trovarsi in una casa sicura in cui egli trova conforto e sicurezza. Non mi sono mai sentito così in compagnia come quando, davanti al computer o con una penna in mano, libero i miei pensieri e le mie ispirazioni. La scrittura è un modo che permette, in un meraviglioso gioco con tempo e spazio, di far convivere nel medesimo istante passato, presente e futuro. In luoghi diversi e nello stesso luogo. Il passato è strettamente connesso al futuro, senza passato niente futuro, attenzione però alla capacità del passato di divorare prima il presente e poi il futuro. Quanti di noi, negli anni della giovinezza, non sentono come famigliare la violenza dei moti interiori piuttosto che la quiete? Quanti di noi non attaccano la vita dal lato del sarcasmo, della rivoluzione, della bestemmia? Naturalmente, tutto questo va relazionato alla propria sensibilità, alla propria vita, ai propri pensieri e sconforti, alla propria forza, alla necessità di combattere il non senso per trovarne almeno uno. Non fa paura vedere la vulnerabilità di fronte a noi fino a che l’accetteremo di accoglierla. Senza limite. Senza ma e senza se. Via i confini e buone maniere, e pure la giusta misura. L’unica giusta misura è quella del “sono qua fragile e indifeso”. Le altre sono scuse per non prenderci responsabilità umana, sociale e politica. Quanti falsi saggi che somministrano certezze e verità. Impostori vanitosi che sembrano puri ma sono predatori eccentrici che nascondono i denti. Le storie che sentiamo alla TV, vanno da un estremo all’altro. O trattano le vicende con toni strappalacrime, oppure raccontano fatti infarciti di borghesia, sicuri e rassicuranti. Naturalmente non è facile affrontare una questione importante come quella del dolore, senza correre il rischio di sminuirlo o subordinarlo a ciò che invece riteniamo allegro e gioioso. Almeno nel mio caso sento il bisogno di cercare la giusta misura del rispetto necessario verso questo sentimento. Anzi, con l’avanzare dell’età, ho sempre dato maggior valore al dolore e a ciò, che esso può rappresentare nel lungo periodo come elemento di crescita e maturità. Col tempo, alcuni ricordi dolorosi si sono trasformati in salvagenti sicuri che mi hanno permesso di attraversare un mare di emozioni in tempesta. Erano certezze ferme, dolori vivi a cui il mio corpo reagiva lasciandomi stupito e grato per qualcosa che in passato mi aveva ferito. Oggi li conservo come un tesoro prezioso non per latenti manie masochiste, ma perché le fatiche e i sacrifici che da quegli eventi dolorosi sono scaturiti, mi hanno indicato una via che ancora adesso percorro, alla ricerca di una mia dimensione e serenità. Non a caso li definisco salvagenti, aggrappandomi ad essi sono riuscito a mettere a fuoco la rotta su cui navigare piuttosto che un blu profondissimo in cui sprofondare. Sentivo che non avrei dovuto cercare nella disperazione la mia strada, quanto piuttosto nell’analisi dettagliata di un dolore. Così ho fatto, ho cercato nella mia sofferenza quanto di più profondo sono riuscito a trovare e l’ho sezionata a vivo fino a elaborarla, a riconoscere la sua ragione d’essere, a conferirgli la dignità che gli apparteneva. Oggi, a distanza di molti anni, pur ricordando i momenti belli, sono vivamente ancorato alle esperienze dolorose. Quelle che mi hanno insegnato a vivere…….o a sopravvivere!