A TESTA SUTTA

Torna a Catania a grande richiesta il monologo teatrale A Testa Sutta al Teatro Musco il 15 luglio 2022.

 

Lo spettacolo sarà preceduto da un aperitivo incluso nel costo del biglietto, da gustare ai tavoli posti all’esterno, nel cortile dello storico teatro in via Umberto I, 312. Per questo motivo, si consiglia di arrivare con un certo anticipo rispetto all’inizio dello spettacolo, previsto per le ore 21. L’ingresso è di 13 Euro. I biglietti si possono prenotare via email scrivendo ad attorialmente@gmail.com mentre il botteghino è aperto tutti i giorni dalle 16 alle 20 presso il Teatro ABC e la sera stessa sul posto.

 

con Giovanni Carta
di Luana Rondinelli
musiche Massimiliano Pace

regia Giovanni Carta
produzione Accura Teatro ROMA

Foto Pino Le Pera

 

Premi:

Miglior attore al Festival Teatri Riflessi 2015

 

Miglior spettacolo e premio della critica al Festival MONODRAMA di Sala Consilina 2015

 

Premio Fersen alla drammaturgia 2016

 

 

Una Palermo assolata e polverosa fa da sfondo alla storia d’U biunnu. Il biondo, bambino dalla pelle chiara e dagli occhi azzurri, è troppo delicato per la vita dura di periferia. Nasce così il rapporto speciale di protezione e di amicizia con il cugino, il suo opposto: il “boss” del quartiere, “nero con gli occhi neri”un dualismo perfetto tra i due cugini, che si completano a vicenda “i piedi e la testa, la testa e i piedi, un gioco, se lo si fa in due non si cade “.

 

Luana Rondinelli prosegue qui il percorso iniziato con Giacominazza, un percorso che indaga la diversità e la sua forza. A testa sutta è un testo toccante, che si muove tra l’ombra dell’emarginazione e la luminosa spontaneità dei sentimenti.

Sullo sfondo di una Palermo che restasse a guardare con le sue strade polverose e pettegole, ho immaginato di ricostruire il palcoscenico di un’infanzia dalle ore fragili e dai giochi duri, propri di quel rito di iniziazione che è la vita. La poesia avrebbe inondato il paesaggio delle palazzine popolari, velenose come alveari e fitte di complice vivacità, e si sarebbe snodata nei cortili, nelle strade terrose, nel chiasso dei bambini di strada fino a raccontarci di due personaggi opposti ma complementari.

U biunnu, bambino dalla pelle bianca e affetto dal “candore del cuore” e suo cugino, il “mafiosetto” del quartiere, che si è fatto carico della fragilità del Biunnu, “abbabbasunnato” in mezzo alla strada, in perenne conflitto tra il suo delicato mondo interiore e la cruda realtà in cui è costretto a muoversi.

E come dalla terra arida della Sicilia fiorisce il profumo dei gelsomini, così dal degrado sociale sboccerà un piccolo esempio di acerba bellezza, in cui scopriremo che i due personaggi non sono che uno solo, e che entrambi sono cresciuti tenendosi metaforicamente la mano, pur osservando la vita da due prospettive diverse, sentendola sulla pelle agli antipodi, là dove i piedi e la testa di uno saranno la testa e piedi dell’altro, ma unico resterà il baricentro dei cuori.

 

 

“C’è in questa storia un seme di scrittura materica e concreta che affonda nei caratteri familiari, nelle relazioni tra uomo e contesto, tra l’individuo e una società autoimmune, codificata, come quella siciliana. Giovanni, il sorriso e l’incanto di Giovanni Carta, è al di là di lotta e rassegnazione, è nel mondo quasi per caso, finché il mondo non si paleserà di colpo a distogliere lui e chi aveva creduto che un volto angelico, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, fosse per quel caso giunto a benedire una famiglia, un quartiere, insomma, appunto, il mondo.”

SIMONE NEBBIA – TEATRO E CRITICA

 

“Rondinelli sa infondere alla lingua siciliana una vitalità dirompente che è la stessa che anima i vari personaggi che emergono dal racconto. (…) Carta in scena sa volare, districandosi nei continui cambi di rotta di un testo che non si ferma mai ma va sempre oltre nel ritmo, nel senso, nel significato, nel racconto, in questo o quel personaggio che emerge, scompare e ritorna, sempre attento a rimanere sull’onda del racconto, sostenuto dall’energia di questo o quel personaggio, di questo o quel momento del racconto.”

ALESSANDRO PAESANO – TEATRO.IT